Una cosa che mi ha colpito molto durante l’intervista con il grande attore Riccardo Polizzy Carbonelli è stata l’empatia che si è creata tra noi. Tant’è che, per svelarlo ai nostri lettori, siamo rimasti a parlare per circa due ore. Riccardo mi ha raccontato molti aneddoti piacevoli della sua vita, tanti momenti belli. A un certo punto, mi ha detto: “Adoro tutto ciò che proviene da Napoli, mi crederai.” Sempre durante la nostra chiacchierata, ha affermato: “Io sono un artista italiano perché rivendico la mia lingua italiana e il mio amor patrio.” Usa frasi e parole che mi hanno dato grandi insegnamenti e mi hanno incantato, così come penso incanteranno chi legge questa intervista, specialmente i napoletani che amano l’arte, la tradizione artistica-musicale e sono legati alla loro terra e alla loro italianità. Conserverò questa straordinaria chiacchierata tra i ricordi più cari.
Come hai iniziato la tua brillante carriera e come ti sei avvicinato al favoloso mondo dello spettacolo?
La scelta è arrivata molto tardi rispetto ad altri attori che hanno iniziato prima di me. Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che mi ha educato ad apprezzare il cinema, il teatro, l’opera lirica, gli sceneggiati, i balletti. Eravamo quelli che entravano nel cinema al pomeriggio e uscivano alla sera, dopo aver visto lo stesso film tre volte. Provengo da una TV che insegnava, educava. Questa passione l’ho ereditata dalla mia famiglia; questa innarivabilitá verso un mondo di lustrini, star e grandi attori come Cary Grant e Danny Kaye, che erano i miei miti e maestri. Li osservavo molto.
Tornando a noi, i miei genitori, chiaramente, mi suggerivano cosa fare. Io volevo iscrivermi al liceo artistico, ma mia madre e mio padre pensavano che non fosse l’ambiente giusto per me, e mi iscrissero al liceo scientifico. Un giorno, i miei due cognomi mi salvarono: mi chiamarono in presidenza dicendomi che risultavo presente in una sezione e assente nella sezione A. In realtà, risultavo iscritto in due sezioni diverse per via del doppio cognome. Dissi che ne avrei parlato con i miei genitori. Speravo di restare nella sezione in cui risultavo presente, ma i miei genitori mi dissero che la sezione A era la più privilegiata, e avrei potuto usare gli stessi libri di mia sorella, che frequentava lo stesso liceo. Non ne usai neanche uno: li comprai tutti nuovi. Ricordo che quando entrai nella sezione A, la professoressa di italiano e latino mi accolse dicendomi: “Finalmente si è degnato di farsi vedere!” Non sapeva che risultavo nell’altra sezione. Corsi come un pazzo per recuperare le materie, ma alla fine venni bocciato, nonostante avessi recuperato in tutte le materie tranne quattro. Quella bocciatura fu una benedizione perché, da quel momento, mi ribellai. Presi le mie cose e mi iscrissi al liceo artistico, dove incontrai un amico importante, Maurizio Fei, oggi regista e programmista Rai. Condividemmo l’amore per il cinema e iniziammo a fare dei super 8, divertendoci con le cineprese e aspettando un mese per sviluppare le bobine. Fei intraprese un percorso molto importante, tanto che mi indicò una scuola di teatro. Da lì dissi: “Voglio fare teatro, almeno per provarci.” Dopo aver completato gli studi necessari e il servizio militare, che desideravo fare per avere un’esperienza significativa, mi iscrissi alla scuola di teatro. Il provino andò bene, mi presero, e posso dire che quella scuola fu l’educazione più severa che ho ricevuto dopo quella dei miei genitori e dal servizio di leva obbligatoria eseguito come ufficiale di Cavalleria fatto a Caserta . Da lì è iniziato tutto, e non mi sono più fermato.
Come hai conosciuto tua moglie, l’attrice Marina Lorenzi?
Ci siamo conosciuti proprio a teatro, precisamente al Teatro Ghione a Roma. C’erano tre ragazze che mi piacevano: Cristina, Marina e Maddalena. Con Cristina è stata la mia prima convivenza, una bella storia, importante, anche se poi è finita. Oggi siamo rimasti amici. Anche lei è sposata ed è un’attrice, Cristina Borgogni, e una grande amica di mia moglie. Dopo la storia con Cristina, nella mia vita è entrata Marina, che poi è diventata mia moglie. Con Maddalena, anche lei attrice, non è mai successo niente, anche se mi piaceva. Ma il grande amore è stato ed è per Marina.
Oggi sei parte della famiglia per il pubblico italiano: entri nelle case tutte le sere grazie a “Un posto al sole”. Questo ti porta a sentire una responsabilità?
La responsabilità non pesa se hai a che fare con persone intelligenti. Anzi, è solo gratitudine. Se si ha a che fare con persone che comprendono che stai rappresentando una finzione, anche se vicina alla realtà, non c’è un peso. Chiaramente, non sono io a scrivere le scene, ma quando ci sono momenti particolarmente difficili o efferati, insieme ai miei colleghi ci poniamo delle domande e ci confrontiamo con il produttore creativo e gli sceneggiatori. Per il resto, siamo dei soldati, esecutori che cercano di fare del loro meglio. Se oggi “Un posto al sole” è vicino a festeggiare i suoi ventotto anni, lo dobbiamo al pubblico e a uno staff eccellente.
So che sarai in scena in teatro con Marina Lorenzi. Vuoi parlarcene?
Sì, andremo in scena con uno spettacolo molto carino, una commedia scritta da Tato Russo. Sarà al Teatro Gioiello a Torino il 9 e 10 novembre, con la regia di Livio Galassi, scenografie di Peppe Zarbo, musiche di Zeno Graig, costumi di Giusi Giustino, luci di Roger La Fontaine e coreografie di Aurelio Gatti. Parteciperà anche l’INCORPOREA GROUP con Paloma Dionisi e Tiziana Cardella. Continueremo nella stagione 2025/2026. È una commedia che parla di trentacinque anni di matrimonio, con alti e bassi, ma alla fine l’amore vince su tutto.
Roberto Ferri è un personaggio molto importante in “Un posto al sole”. Cosa ci puoi dire di lui?
Ferri è sicuramente un personaggio importante, così come Marina Giordano. Tutti i personaggi contribuiscono a dare rilevanza agli altri. Per esempio, c’è Fabiola Balestriere, che interpreta nostra nipote Alice e porta una carica incredibile in scena. Ricordo le scene natalizie dell’anno scorso con Nina Soldano e Fabiola: mi sono sentito veramente a casa. Ho anche pubblicato il video di quel momento. È stata una delle poche volte in cui Ferri si è goduto il Natale in tranquillità, e mi ha commosso perché mi ha ricordato i miei Natali in famiglia.
Che consiglio daresti ai giovani che vogliono entrare nel mondo dello spettacolo?
Trova un lavoro che ami, e non lavorerai un giorno della tua vita. Ma il lavoro che ti piace non è facile: richiede sacrifici e responsabilità. Quando preparo una scena, mi pongo molte domande. Chi vuole fare questo mestiere deve volerlo davvero, non basta essere attratti dai lustrini. Serve istruzione, passione e voglia di impegnarsi e studiare. Le professionalità non si inventano, si acquisiscono con il tempo e la dedizione.
Un sogno nel cassetto, privato o professionale?
Nel privato, mi viene in mente una poesia di Eduardo De Filippo: “Io vulesse truva’ pace.” Vorrei serenità. In ambito pubblico, vorrei la pace nel mondo.
Un saluto per i lettori del quotidiano online Occhio All’Artista Magazine…
Prima di tutto, lunga vita a Occhio All’Artista Magazine! È uno degli ultimi luoghi in cui si può parlare di arte, cultura e teatro. Ho visto le vostre interviste, ed è bello vedere che in Italia c’è ancora chi si occupa delle nostre bellezze e delle eccellenze italiane.
Le foto inserite nell’intervista ci sono state concesse gentilmente dall’attore. Alcune sono personali ed altre del fotografo Giuseppe D’Anna.
Giuseppe Nappa