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Rugantino: un classico del teatro musicale italiano. La Recensione

Al Teatro Augusteo è di scena fino al 10 aprile con esclusione di venerdì 8 aprile, Serena Autieri e Michele La Ginestra in Rugantino, la maschera che è simbolo e racconto di una Roma papalina ottocentesca.  Lo spettacolo, prodotto da Il Sistina, con la supervisione di Massimo Romeo Piparo, fonde mirabilmente tradizione e modernità, e viene presentato nella versione storica originale di Garinei & Giovannini, scritta con P. Festa Campanile e M. Franciosa, collaborazione artistica di Gigi Magni.

Rugantino è uno dei personaggi incastrati in uno spettacolo che non smette mai di stupire, cartolina fedele dei popolani e dei blasonati che con musiche e parole definisce i contorni di una città che per certi versi rimane immutata nella bellezza dei vicoli e dei monumenti.

Sinossi dello spettacolo: Roma, 1830, sotto il papato di Pio VIII. Rugantino, giovane popolano un po’ spaccone e nullafacente, vive di espedienti aiutato da Eusebia, che lui spaccia per sua sorella. I due riescono a ottenere vitto e alloggio prima da un anziano prelato, che quando muore non lascia loro nulla, poi dal boia dello Stato Pontificio, Mastro Titta, che si innamora di Eusebia e ne è presto ricambiato. Rugantino invece brucia di passione per la bella Rosetta, moglie del violento e gelosissimo Gnecco Er Matriciano, e scommette che riuscirà a sedurla prima della Sera dei Lanternoni. Dopo varie peripezie e stratagemmi, Rugantino seduce la ragazza ma imprevedibilmente se ne innamora, per questo in un primo momento non fa parola con gli amici della sua impresa, poi però cede alla vanagloria ferendo i sentimenti di Rosetta. Quando Gnecco viene ucciso da un criminale, Rugantino si fa trovare accanto al cadavere e si autoaccusa dell’omicidio, affermando di aver compiuto il fatto per amore di Rosetta. Il protagonista, imprigionato e condannato a morte, sarà giustiziato da Mastro Titta: forte dell’amore di Rosetta, Rugantino dimostrerà di essere un vero uomo affrontando la morte.

Grazie a Garinei e Giovannini Rugantino è l’eterno burlone, mai cresciuto che affonda le sue radici nella Roma popolana, fatta di povertà e di espedienti. Michele La Ginestra (Rugantino) regala al personaggio quella leggerezza e presenza scenica necessari, grazie a lui la storia scorre velocemente ed il pubblico non sembra mai stancarsi.

Anche sua sorella acquisita Eusebia, interpretata da una bravissima Edy Angelillo, davvero materna e dolce la sua interpretazione che non si tira indietro neanche alla richiesta del fratello di concedersi con l’inganno a un uomo che possa mantenerli e qui entra in gioco Mastro Titta, interpretato da Vincenzo Failla che è stato bravissimo ad interpretare il personaggio che doveva essere di  Massimo Wertmuller, ma per problemi Failla lo ha sostituito. Una nota speciale va alla sua di interpretazione. Ci ha regalato una costruzione del personaggio davvero ben fatta.

Altra coppia “orginale” è quella dei coniugi Paritelli: Giulio Farnese (Don Nicolò) e Brunella Platania (Donna Marta), bravissimi ad evidenziare nei loro personaggi la superficialità del loro status sociale di aristocratici all’ironia regalataci dalla penna degli autori.

L’ultima riflessione, ma non ultima come importanza voglio farla alla nostra Rosetta (Serena Autieri), bellissima e bravissima, elegante e sempre di forte impatto sulla scena. L’Autieri domina come sempre sul palco, a lei i migliori complimenti.

Come non menzionare poi la canzone Roma nun fa la stupida stasera di forte impatto e conosciutissima, subito ti riporta alla mente ricordi di quella Roma bella che fa da sfondo a tutti gli innamorati.

Il cast è nutrito di attori: Monica Guazzini (Vecchia dei gatti), Gerry Gherardi (Prete), Marco Rea (Gnecco), Alessandro Lanzillotti (Bojetto), Pietro Antonino Tosto (Marchese Facconi), Marco Valerio Montesano (Scariotto).  Le preziose scene e i bellissimi costumi originali firmati da Giulio Coltellacci, con le splendide musiche del M° Armando Trovajoli.

Un ritorno imperdibile alle radici e un’occasione per riscoprire un classico del teatro musicale italiano ancora in scena fino a domenica al Teatro Augusteo di Napoli.

Giuseppe Nappa

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